L’autocelebrazione di un folle
Ehi tu, immobile sui tuoi passi
fosti allarmato dal tempo che passava
e piangesti lacrime di dolore nel guardare
il moto del mondo. Nel silenzio,
il tuo sussurro perso tra grida inascoltate,
ti aggrappasti all’ancora di una nave vecchia.
Tu, che ti inginocchiasti sul marmo freddo e a gattoni,
sanguinante e sofferente, riprendesti il tuo cammino.
L’ancora ti trascinava e le mani si indurirono,
le paure aumentavano e tra calci e pugni,
tra sorrisi e follie, tra solitudini e compagnie
portasti a compimento il tuo destino.
Nella foga degli ultimi sforzi, gettasti lo sguardo alle tue spalle
e l’ancora arrugginita l’avevi abbandonata nel cammino.
Piangesti ancora , ridesti ancora, e ancora urla
e silenzi, fino a sentire la lingua penzolante assaporare il selciato.
Appoggiasti le labbra alla terra e la baciasti, guardasti le mani,
sporche, infangate, e ti asciugasti la fronte madida di sudore.
Alzasti gli occhi al cielo e mai fu più vicino come in quel giorno,
perchè il folle vinse e vinse con le sole sue forze.